giovedì 18 novembre 2010

parlare di

Proviamo a parlare di politica, nonostante tutto.
Ci troviamo in Italia, al termine della lunga transizione cominciata nel ’92-’94, in una situazione per molti aspetti disperata.
Non è un problema di immagine, ma di sostanza.
All’arretratezza strutturale del nostro Paese, all’inefficienza della sua pubblica amministrazione, all’enormità del debito pubblico si sono aggiunti negli anni la dissoluzione di uno spirito pubblico condiviso, il venir meno dell’idea di nazione unitaria, la trasformazione dello scontro politico in faida e caccia all’uomo, l’affermazione del potere extrademocratico della magistratura.
Il sonno della politica ha generato mostri: e ora quei mostri, nell’ingoiare Berlusconi, rischiano di cancellare quel poco di equilibrio costituzionale che ancora sorregge la precaria democrazia italiana.
I cittadini hanno il dovere di intervenire.
Sia chiaro: Berlusconi è stato, fin dalla sua discesa in campo, fra i più accaniti avversari della politica, e se ora si trova nella situazione in cui si trova la causa è fondamentalmente e sostanzialmente politica: dopo la grande vittoria del 2008 il presidente del Consiglio avrebbe dovuto riconciliare il Paese anziché spaccarlo; avrebbe dovuto fare le riforme promesse, anziché ingolfarsi in una sequenza senza fine di leggi (spesso abortite) ad personam; avrebbe dovuto (e potuto) conquistare Casini, anziché espellere Fini.
Gli errori di Berlusconi, tuttavia, non mutano né diminuiscono le responsabilità delle altre parti politiche.
Che vuol poi dire poche semplici cose:
1) rifiutarsi di partecipare in qualsiasi forma a qualsivoglia discussione sulle vicende giudiziarie e/o private del Presidente del Consiglio;
2) chiedere con forza le elezioni anticipate;
3) spiegare agli italiani quale idea abbia ciascuna coalizione per il futuro del Paese;
4) preparare una coalizione e una leadership capaci di conquistare la maggioranza degli elettori.

Semplici?
Attendo le vostre risposte

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